LA TOSCANA IN CANTIERE

DOCUMENTI DI SETTORE

DOCUMENTI DI SETTORE

DOCUMENTI DI SETTORE

 

 

«La caratteristica più notevole di questo momento storico è
che ci stiamo “svegliando” come da un sonno lungo millenni»
Joanna MACY

 

CONTESTO GENERALE
A.1 La crisi climatica, la pandemia, la guerra: una tempesta perfetta

 

Se pensiamo alla fase congressuale di quattro anni fa, che ci portò dalla discussione nei Circoli all’assise di Carrara, fino al Congresso nazionale di Pietrarsa, nessuno di noi avrebbe potuto immaginare che, di lì a poco, saremmo entrati in un tunnel lungo, lugubre e destabilizzante. La crisi climatica (certificata dai Rapporti IPCC), che aveva già “morso” duramente il territorio toscano con un susseguirsi di eventi meteorologici estremi (lunghi periodi siccitosi alternati a nubifragi e alluvioni), fu momentaneamente oscurata da un altro choc globale: la pandemia. Non è qui il caso di soffermarsi sulle motivazioni (impreparazione, zoonosi, perdita di biodiversità, promiscuità sempre maggiore tra ecosistemi urbani e fauna selvatica…) che hanno causato la deflagrazione del Covid-19. Giova invece qui ricordare che il mondo, probabilmente, a causa di quella crisi, ha subito modificazioni irreversibili.

Le speculazioni dei produttori di gas alla Borsa di Amsterdam (estate 2021), il caro/energia (autunno 2021), l’inflazione e la successiva crisi economica che ha di fatto anticipato la sconvolgente invasione russa in Ucraina (inverno 2022), hanno poi creato le condizioni per quella che possiamo definire a buon diritto una tempesta perfetta.

Quante volte in questi ultimi anni abbiamo sentito proferire dalle autorità la frase “Niente sarà più come prima”. Eppure, avvertiamo come la sensazione, sgradevole, che tale declamazione valga soprattutto per le buone pratiche, per la buona politica. Il modello di sviluppo, molto aggressivo, che ha determinato le tre crisi sistemiche che stiamo vivendo (climatica/ambientale, socio/economica e geopolitica), pare non solo vivo e vegeto, ma più disinvolto di prima. Da questo punto di vista, potremmo addirittura dire che la pandemia non ci ha insegnato nulla.

Ciò nondimeno, allargando lo sguardo all’orizzonte europeo, non possiamo non ricordare l’afasia e l’incertezza dell’Unione al momento di prendere una posizione autonoma (dagli USA e dalla NATO) sulla crisi ucraina, magari offrendo una sponda al pacifismo integrale di Papa Francesco. Per questo, a nostro avviso, assumono ancora più importanza la storica approvazione del Next Generation EU, poi rafforzata dal piano Fit for 55 e dal programma REPowerEU. La bussola della UE in materia ambientale, per nostra fortuna, rimane ancora stabile e chiara. La direzione di marcia è tracciata. Occorre decarbonizzare totalmente l’economia continentale entro il 2050 e, per riuscirci, allo step intermedio del 2030, bisogna aver ridotto le emissioni nette climalteranti di almeno il 65% rispetto a quelle registrate nel 1990.

Non solo. Il Consiglio d’Europa ha finalmente licenziato un testo base per la prossima direttiva sul Ripristino e la rigenerazione della natura (Nature Restoration Law), che (Parlamento UE permettendo) obbligherà gli Stati membri a ripristinare in condizioni naturali almeno il 20% di territori e mari inquinati e/o compromessi entro il 2030.

Le conseguenze che tutti questi ambiziosi obiettivi comunitari comportano su ogni regione europea - e quindi anche sulla Toscana - sono chiare. Dobbiamo mettere in opera la più grande conversione ecologica dell’economia che la storia umana ricordi. E il fatto nuovo, in una prospettiva storica, è che non la “possiamo” procrastinare oltre, la “dobbiamo” iniziare a mettere in opera adesso.

È tempo dunque di agire.

 

 

«Prendersi cura del mondo che ci circonda e ci “sostiene”
significa prendersi cura di noi stessi»
Papa FRANCESCO

 

CONTESTO GENERALE
A.2 Una Toscana sfigurata, dati ed evidenze

 

Prima di addentrarci nella nostra proposta programmatica, vale forse la pena riflettere sulla Toscana che abbiamo effettivamente davanti a noi. Lo facciamo, da buoni ecologisti, partendo dai dati ufficiali certificati che il Sistema Nazionale di Protezione Ambientale ci mette a disposizione. In questo senso, la lettura attenta degli ultimi annuari ARPAT ci restituisce l’affresco composito che segue. Tutt’altro che rassicurante.

La matrice aria vede un quadro delle pressioni antropiche in lento ma sensibile miglioramento, soprattutto nell’area fiorentina e soprattutto a partire dall’entrata in esercizio della tramvia. Permangono però le forti criticità sul particolato fine, ormai storicizzate, della Piana di Capannori, alle quali sarà bene non rispondere con la stolta messa in opera dei nuovi Assi Viari, capaci semmai di aggravare quella situazione.

Sulla matrice acqua, e in particolare sullo stato ecologico dei nostri fiumi, va detto che solo il 43% (nel monitoraggio 2019/’21) ha raggiunto lo status qualitativo di Buono (41%) o Elevato (2%), quando la Direttiva 2000/60/CE avrebbe previsto il 100% entro il 2015 (termine poi prorogato al 2027). Insomma, una situazione piuttosto mediocre.

Sul suolo, la lettura integrata dei report di ARPAT e ISPRA ci restituisce, infine, l’idea di una inesorabile tendenza a saturare tutte le aree di pianura della nostra regione. Con situazioni particolarmente gravi e allarmanti, in termini di trend, come quelle che si registrano nei comuni di Bagno a Ripoli (capace di consumare 26 ettari di suolo nel solo biennio 2020-2021!) e Forte dei Marmi (giunto al 46% di suolo urbanizzato al 2021). Ricordiamo che erodere quote di suolo rurale determina conseguenze ecologiche gravi e di lungo periodo, in termini di perdita di biodiversità e di servizi ecosistemici offerti.

Discorso a parte lo meritano poi i quattro Siti d’Interesse Nazionale (SIN di: Massa-Carrara, Livorno, Piombino e Orbetello) che attendono da molto, troppo tempo di esser bonificati. E qui il problema dei ritardi non può e non deve esser ridotto all’annosa questione della mancanza di fondi. In questi anni, è mancata soprattutto la volontà politica di considerare le bonifiche come grande priorità nazionale e, quindi, la giusta sinergia tra istituzioni, con una specifica ripartizione dei compiti per ciascuna di esse.

Il dato più sconvolgente sulla Toscana dell’ultimo lustro ce lo consegna, però, IRPET. Una recente ricerca multidimensionale sulla povertà, ci indica nella percentuale media del 15% le famiglie toscane in condizioni di povertà relativa. Stanno meglio il distretto dell’Alta Valdelsa-Valdera-Val di Cecina (8%) e Firenze (10%), ma stanno malissimo tutta la zona Apuana (22%) e la Val di Serchio (24%). Sono dati che ci raccontano di un disagio economico che avrà conseguenze sociali durature e profonde.

Così, un’altra indagine sociologica, stavolta commissionata a Sociometrica dal Cesvot, indica nella stratosferica cifra del 46% la percentuale dei toscani inclini a rinunciare a una cena con amici, pur di far quadrare i conti in famiglia. Un terzo dei toscani (33,7%), invece, rinuncerebbe agli hobby e alle spese culturali (cinema, musica, teatro). Ancora più interessante è il trend registrato sull’attitudine verso il volontariato. Ebbene, nel 2019 il 34% dei toscani intervistati era sicuramente ben disposto a fare volontariato e solo il 3,5% dichiarava di non esserlo, in nessun caso. Oggi, la crisi comprime la percentuale dei ben disposti al 21% ed eleva quella dei certamente indisponibili al 10%.

La cosa, però, ancora più peculiare che emerge da un’altra indagine condotta dall’Università di Pisa, e commissionata sempre dal Cesvot, è la qualità di questa tensione verso la cultura del dono e del volontariato. Ebbene, il campione di cittadini toscani interrogato sulla possibilità di profondere volontariato in un’associazione, risponde che è disponibile nel 16% dei casi, che è indisponibile nell’84%. Notiamo quindi che la tensione ideale – astratta – verso la dimensione del donarsi a qualche attività benefica per gli altri e/o per l’ambiente, scema dal 21% al 16% quando prende le forme del volontariato organizzato in un ETS. Questo implica due riflessioni supplementari. La prima. Molto dolorosa per tutto il nostro mondo. E cioè che, in quest’ultimo lustro, è aumentata la diffidenza verso le associazioni. La seconda, più generale, ci racconta invece di un volontariato che nella società toscana si connota in modo molto trasversale come un volontariato molecolare, individuale, estemporaneo, basato sempre più sulla risposta emergenziale all’urgenza del momento e sempre meno sul senso di appartenenza verso una qualche identità collettiva (vera o presunta).

Ultima riflessione la merita l’attenzione specifica verso il volontariato ambientale. Che è forte e uniforme per tutte le fasce di età. L’indagine di Sociometrica, infatti, a fronte di una domanda che indaga le preferenze su tutte le possibili forme di volontariato (con la facoltà di fornire fino a 3 risposte), rileva ben il 33% di disponibilità da parte del campione verso l’ambiente, al pari di quella riscontrata verso l’assistenza sociale e ben più di quella osservata ad esempio per la ricreazione e lo sport (20%). Il volontariato ambientale è, di fatto, il più citato nel novero delle tre risposte possibili, ma raramente al primo posto. Questo ci fa comprendere altre due cose. La prima è che i toscani si rendono perfettamente conto di quanto la crisi ambientale e climatica sia cruciale per l’agenda pubblica. La seconda è che, al contempo, stentano a “sentirla” e quindi a classificarla come il movente prioritario del proprio possibile impegno attivo, del proprio passaggio all’azione. Ciò interroga non poco la nostra effettiva capacità di attrazione verso questa enorme platea di “potenziali volontari”.

 

«Siete rimasti senza scuse e noi siamo rimasti senza più tempo.
Noi siamo qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando»
Greta THUNBERG

 

CONTESTO GENERALE
A.3 Il compito della nostra associazione in questo contesto

 

In questo contesto storico e politico, il compito di Legambiente è indubbiamente difficile ma molto chiaro. Dobbiamo restare lucidi e, fedeli alla nostra formazione scientifica, farci partigiani della conversione ecologica: contro ogni cedimento demagogico o populista. Dobbiamo, anche, avversare con tutte le nostre forze le grevi pulsioni anti-scientifiche che attraversano la società, smentendo analiticamente tutte le false notizie che esse alimentano. Tenere la barra dritta sui nostri valori fondativi significa anche smontare una certa narrazione, che non esitiamo a definire reazionaria, per la quale sarebbe l’ambientalismo il vero freno alla ripartenza economica del Paese. Niente di più falso e fuorviante. Attardarsi invece su un modello di sviluppo lineare, basato sull’estrazione incessante di materie prime e sulle fonti energetiche fossili, è la peggiore opzione proprio per le fasce più deboli della società, sia a livello globale, sia soprattutto a livello locale. E la Toscana ne è la più plastica delle dimostrazioni. Basta leggere i dati integrati di benessere socio/economico della zona apuana e delle quattro aree SIN costiere ancora da bonificare, per capire questa triste equazione.

Sia chiaro: Legambiente non è mai stata la paladina dell’ambientalismo del NO. E, con altrettanta chiarezza, diciamo pure che non è mai stata l’associazione del fare a ogni costo. Siamo sempre stati obiettivi e concentrati sul merito dei diversi provvedimenti. Questo nostro equilibrio ci servirà per avversare le grandi opere inutili, con la stessa forza e generosità con cui accompagneremo e aiuteremo la realizzazione dei progetti che declineranno in modo meritevole la transizione ecologica sui nostri territori. Il mandato 2023/2027, infatti, sarà fatalmente quello in cui vedremo “atterrare” in Toscana una grande quantità di progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e del Piano Nazionale Integrato Energia & Clima (PNIEC). Molti useranno strumentalmente l’inaccettabile contrapposizione tra ambiente e paesaggio per metterci in difficoltà. Non dovremo quindi spaventarci. Probabilmente vedremo molti progetti perfettibili, altri sicuramente sbagliati e nefasti, ma di certo avremo il compito di difendere e promuovere attivamente quelli giusti. Nell’innovazione tecnologica, come nell’economia circolare. Nel settore dell’energia rinnovabile, come in quello della mobilità sostenibile. Nelle politiche educative, come nella cura e riqualificazione dell’edilizia scolastica.

Alex Langer ci spronava sempre a evocare una prospettiva di società futura, giusta e desiderabile. Ecco, la nostra associazione è figlia di quella impostazione culturale, che è esattamente l’antipode ideologico dell’approccio snob ed elitario. Per noi, lottare contro la crisi climatica è tutt’uno con l’avversare ogni forma di disuguaglianza, d’ingiustizia, d’iniquità. A tutti i livelli: globale, locale e individuale.

Da questo punto di vista, non dobbiamo sottovalutare l’enorme patrimonio di competenze che abbiamo accumulato in associazione. Innanzitutto, nei nostri Comitati Scientifici, nazionale e regionale, ma poi anche negli archivi storici dei nostri Circoli territoriali. E dobbiamo qui ricordare che non sono solo competenze tecniche, sono invece molto spesso “competenze trasversali”, che attingono copiosamente dalla sociologia urbana e territoriale. Il nostro metodo pedagogico, la nostra capacità divulgativa, la nostra azione educativa – che si dispiega già in modo formidabile nelle tante campagne dell’associazione (da Goletta Verde a Puliamo il Mondo, passando per la Festa dell’Albero) – sono tutte doti e attitudini fondamentali per noi, in una fase in cui saremo tanto sollecitati ad ascoltare e comunicare sui territori.

Diciamo di più. Nei casi in cui la progettualità necessaria a declinare la conversione ecologica sui nostri territori dovesse determinare situazioni di palese conflitto sociale, dobbiamo sempre preservarci quali custodi del dialogo con ciascuna delle parti avverse. Il nostro pacifismo nonviolento va incarnato ed esercitato ogni giorno, a partire dalle vertenze apparentemente più minute. È un abito mentale. Ricordiamocelo sempre.

 

 

«A prendere posizione, a volte, si perde qualcuno.
A non prenderla, a volte, si perde sé stessi…»
Alfredo COLELLA

 

CONTESTO POLITICO REGIONALE
B.1 Le politiche della Regione Toscana, tra luci, ombre e incertezze

 

Non è certo questa la sede per stilare pagelle sul governo regionale, magari cogliendo l’occasione potenzialmente propizia della metà mandato 2020/2025. Non è né nostro compito né, tanto meno, nostra abitudine. Ci sembra importante, invece, conoscere ed evidenziare stili, contenuti e metodi di governo del nostro omologo livello istituzionale, per comprendere sempre meglio cosa fare come associazione.

Quel che emerge in modo appariscente, a nostro avviso, è il tentativo spasmodico di presidiare temi, problemi e istanze che provengono dai territori. Tutto davvero si può dire dell’attuale Giunta toscana, a partire dal suo Presidente, tranne che sia comodamente seduta nei propri uffici regionali. S’intuisce un grande sforzo di relazione, di prossimità, di legame, con tutte le città, con tutti i distretti, con tutti quei luoghi impervi che il Presidente regionale ama definire “Toscana diffusa”. Non c’è sagra, non c’è evento (inaugurazione o commemorazione che sia) che possa dirsi – in questi anni – snobbata dalla massima carica istituzionale della nostra Regione. Non vogliamo fare qui della facile ironia, bensì sottolineare uno stile di governo, oggettivamente molto diverso da quello incarnato da tutti i precedenti inquilini di Piazza del Duomo 10.

Se ci volessimo poi addentrare nelle politiche declamate, annunciate, o appena abbozzate, dall’esecutivo regionale per il presente mandato, il documento che meglio si presta a un’analisi strutturata e di medio/lungo periodo è senz’altro il Programma Regionale di Sviluppo (PRS 2021-2025). In esso, come già rilevato ai tavoli di concertazione, abbiamo riscontrato degli enunciati di carattere generale, che tra l’altro incrociano obiettivi dell’Agenda 2030 coi fondi previsti dal PNRR, sui quali è difficile non esser d’accordo. Manca però, troppo spesso, la proposta di strumentazione – tecnica, disciplinare, economico/finanziaria – con cui s’intende raggiungere quegli obiettivi generali. Ed è forse proprio nella scelta del percorso procedurale e/o nella relativa dotazione di risorse che avremmo potuto osservare qualcosa nel merito.

Ancora. Se alziamo per un attimo lo sguardo alla vastità e alla complessità delle azioni progettuali previste nei prossimi anni dal PRS, non possiamo esimerci dal rimarcare qualche lacuna vistosa. La prima, in attesa dell’adozione del costruendo Piano Regionale per la Transizione Ecologica, è l’esilità e quindi l’inadeguatezza del capitolo sulla rivoluzione energetica, quasi che la Regione Toscana, tutto sommato, oggi possa “accontentarsi” del cospicuo contributo rinnovabile che le deriva dalla geotermia, da sola capace di rispondere al 33% del fabbisogno elettrico regionale.

La seconda lacuna è l’assenza di un qualsiasi riferimento alla Strategia Europea per la Biodiversità, che traguarda l’obiettivo del 30% di territori e mari protetti entro il 2030. Una lacuna che, al di là delle pur lodevoli intenzioni dell’Assessorato, racconta però perfettamente di una grande rimozione collettiva. Chi si occupa di redigere un cronoprogramma stringente con cui declinare le tappe di avvicinamento ai target 2030? Chi si occupa di assistere soprattutto economicamente il sistema dei parchi, delle riserve e delle aree protette regionali? Chi e come proteggerà l’enorme patrimonio forestale regionale e, in particolare, le foreste primarie e antiche superstiti del territorio toscano? D’altronde che, anche a livello nazionale, la gestione del bosco sia ascritta a tre competenze istituzionali (agricoltura, ambiente, paesaggio) che non dialogano tra loro, né dal punto di vista culturale né tanto meno sul piano giuridico, è ormai sotto gli occhi di tutti. Questo ha determinato anche in Toscana letture assai controverse del TUFF (Testo Unico in materia di Foreste e Filiere forestali, 2018). La nostra LR 39/2000, coi suoi decreti attuativi del 2003, aveva già permesso di fatto un uso piuttosto disinvolto della ceduazione, anche su piante molto anziane (80-100 anni), dando la netta impressione di favorire più il recupero energetico della biomassa (cippato, pellet, etc.) che la tutela della risorsa in quanto tale. Il caso della Montagnola (a Siena), per quanto assai discusso dagli addetti ai lavori, da questo punto di vista, è davvero esemplare.

In ordine, invece, alle politiche che promettono di governare i flussi di materia della nostra regione, un’apertura di credito la merita senz’altro il tentativo di trasformare il vecchio Piano Rifiuti & Bonifiche in un vero e proprio Piano per l’Economia Circolare. Questa “rivoluzione copernicana” – fortemente voluta dall’Assessorato all’Ambiente – implica, però, una grande consapevolezza diffusa. Tendere a “rifiuti zero” significa, infatti, dotarsi necessariamente di quell’impiantistica intermedia, che è capace di trasformare gli scarti in materie prime seconde. E questo passaggio, delicato ma decisivo, in Toscana si compie se e solo se si riesce a convincere e coinvolgere prima cittadini e comunità locali. Innanzitutto, perché recenti sentenze della giustizia amministrativa hanno chiarito che non è il Piano Regionale ad avere la potestà di localizzare gli impianti, ma soprattutto perché senza una sinergia fondata sulla fiducia reciproca tra gestore, ente locale e cittadinanza, il sentiero per una reale messa in opera dell’economia circolare diventa angusto. Infatti, dopo il crac del caso “Keu” (2021), inchiesta nella quale abbiamo imparato che imboccare scorciatoie in questo campo porta dritti all’ecomafia, la fiducia popolare non solo nelle istituzioni ma, più in generale, nella classe dirigente diffusa toscana, è ai minimi termini per la nostra storia. Né, d’altra parte, infonde ottimismo la vicenda della fusione in Multiutility (accorpante: acqua, rifiuti & energia dell’ATO centro), avendo essa basato gran parte della sua sostenibilità economica su una quotazione in borsa, già censurata dalla Corte dei Conti.

La distanza culturale più grande, tuttavia, non la registriamo in una qualche politica di settore, bensì nella cornice generale, nel modello di sviluppo evocato. Lo stile bonario e, in apparenza, accomodante registrato nell’interlocuzione tra la Regione e i tanti Sindaci toscani, non può esimerci dall’osservare che chi sceglie (e quindi governa), inevitabilmente scontenta qualcuno. Ecco, immaginare una Toscana finalmente libera dai veleni dell’energia fossile e dei rifiuti in discarica, significa presupporre scelte nette e coraggiose, certamente indigeste per molti potentati economici. Così come scegliere finalmente l’opzione della mobilità sostenibile, meno “schiava” dei voli aerei, ma sempre più basata sulla rete ferroviaria regionale per i nostri pendolari, su un trasporto merci intelligente, sulle tante soluzioni sharing, sul trasporto elettrico individuale e sulla mobilità dolce, significa per noi chiudere semplicemente un’era.

E invece, da questo punto di vista, le scelte compiute sia sul rigassificatore di Piombino che sul nuovo aeroporto di Firenze, ci sembrano vecchie e poco lungimiranti.

 

 

«L’importante è capire che fermarsi, a volte,
è importante tanto quanto andare avanti a tutti i costi …»
Shan SA, pseudonimo di Yan NI

 

CONTESTO POLITICO REGIONALE
B.2 Dalle Apuane al Parco della Piana: tutte le nostre vertenze prioritarie

 

Se due film straordinari come Antropocene (CAN, 2018) e Amate Sponde (ITA, 2022) dovendo parlare di paesaggi iconici, il primo in una dimensione più vertenziale e planetaria, il secondo con toni più assertivi e a scala nazionale, hanno ritenuto di non poter omettere la segagione del marmo bianco di Carrara, come elemento al tempo stesso perturbante e caratterizzante delle attività umane in Toscana, evidentemente un motivo c’è. E noi lo addebitiamo senza dubbio alla dirompente dimostrazione d’insostenibilità del modello lineare “estrattivista”. Un modello basato sul prelievo dissennato di materie prime preziose, su lavorazioni in loco ridotte ai minimi termini e che implicano impatti devastanti su suoli e reticolo idrografico; infine: sull’assoluta sottovalutazione della problematica degli scarti di lavorazione (leggi: ravaneti e, soprattutto, marmettola). A partire dal nostro Congresso di Carrara (2019) altri enti, comitati e collettivi studenteschi si sono affacciati e uniti nella lotta per le Alpi Apuane. E noi non possiamo che rallegrarcene. Dal grande successo degli Stati Generali (2016) sono gemmate infatti tante altre iniziative, locali e non. Sono stati presentati diversi esposti alla Magistratura e le attività di controllo di Arpat e Carabinieri Forestali si sono fatte, negli anni, via via sempre più severe e incalzanti. Dimostrazione ulteriore dell’efficacia della deterrenza, quando sgorga dal basso, dalla Società Civile. Eppure, non ci sentiamo soddisfatti. E non lo saremo, almeno fino a quando il Parco Regionale delle Alpi Apuane non porterà a graduale ma definitiva chiusura tutte le cave intercluse nel suo territorio di competenza. I nostri Circoli sul territorio stanno svolgendo, da questo punto di vista, un lavoro semplicemente straordinario, fatto di studio, di analisi e di monitoraggio attivo. Di recente, ci siamo attivati, anche, per comprendere con esattezza le quantità annue estratte in ogni singola cava del distretto, ma né gli enti locali né tanto meno le imprese hanno voluto fornirci i dati in loro possesso. Anche questo accade, purtroppo, nella Toscana del 2023.

Altra grande vertenza, che, nostro malgrado, è entrata prepotentemente sulla scena nell’ultimo anno, un anno già “funestato” dalla guerra e dalla crisi energetica, è quella che ha visto opporci all’arrivo del rigassificatore Golar Tundra nel Porto di Piombino. Una procedura emergenziale, aperta e perfezionata nel breve volgere di 6 mesi. Un tempo record! Una velocità ascritta all’esigenza, comprensibile, di diversificare gli approvvigionamenti di gas dall’estero e affrancarsi dalla dipendenza dal metano russo. Che, da una parte, ci fa comprendere come Stato e Regione, quando vogliono, “sanno” spingere unanimi sull’acceleratore. Ma che, dall’altra, ci fa sorgere pure un’amara constatazione, se quei 6 mesi li paragoniamo ai 5 anni che ci son voluti per vedere in esercizio il parco eolico, al Quagliodromo, proprio nei pressi dell’area industriale di Piombino. Una vertenza questa sulla rigassificazione del GNL che, oggi – sull’onda dell’emergenza energetica nazionale – sembra persa, ma che lascerà molte ombre sui decisori che l’hanno determinata, visto l’esercizio almeno trentennale dell’impianto, ovunque sia collocato dopo i primi tre anni piombinesi. Un errore grave, dal nostro punto di vista, soprattutto in termini strategici e geopolitici, quando dovremmo essere invece tutti impegnati a “declinare” la rivoluzione energetica delle rinnovabili per raggiungere quegli obiettivi di decarbonizzazione che l’Unione Europea ci ha assegnato.

Come sbagliati ci paiono altri due progetti che minacciano di condizionare per lungo tempo la costa e il crinale della nostra regione. Nel primo caso, e stiamo parlando di Darsena Europa, siamo perplessi sia sulla cornice che sulla dimensione di questo investimento. L’ampliamento del Porto di Livorno, infatti, col nuovo molo che si estenderebbe per oltre 3 km a mare proprio davanti all’area marina protetta delle Secche della Meloria, servirebbe niente meno che a far concorrenza a La Spezia e a Savona (?). Anche qui, al di là degli effetti erosivi imprevedibili che determinerebbe sul litorale pisano, ci paiono del tutto sovradimensionate le stime di traffico di navi da crociera e portacontainer che sottendono il metaprogetto, quasi che venissero dall’antro di una Toscana passata, che, ahinoi, non c’è più.

Ancora più incomprensibile è, per certi versi, l’idea di costruire una nuova funivia tra la Doganaccia e il Lago Scaffaiolo, nei pressi della stazione sciistica del Corno alle Scale, sul crinale appenninico tosco/emiliano, tra le province di Pistoia e di Modena. Stiamo parlando di un costo complessivo dell’opera di circa 15,7 milioni di euro, di cui 10 a carico della sola Regione Toscana. Anche qui, non ci vorremmo soffermare sulle tante buone ragioni (ambientali e paesaggistiche), che pure dovrebbero sconsigliare da simili imprese. Basti, invece, qui una sola domanda retorica, dettata dal buonsenso e dalle statistiche meteorologiche degli ultimi anni. Come si fa a pensare a un nuovo impianto di risalita a 1.500 m slm quando – in uno scenario di crisi climatica conclamata – è ormai dimostrato che la probabilità d’innevamento appenninico sotto i 1.800 m rende del tutto diseconomiche queste attività?

E veniamo, da ultimo, alla nostra grande battaglia per il Parco Agricolo della Piana. Sin dal 2014, anno in cui la Regione integrò il PIT postulando l’esigenza della messa in opera del Parco contestualmente alla qualificazione dello scalo aeroportuale di Firenze, su questa materia mobilitammo tutta la nostra rete associativa, perché per noi, delle due l’una: o si fa il Parco o si amplia lo scalo! Per fortuna, poi, ben tre sentenze della giustizia amministrativa hanno cassato il Masterplan 2014/2029 di Toscana Aeroporti (la 1310/2016 e la 793/2019 del TAR Toscana, e la 1170/2020 del Consiglio di Stato). In qualsiasi altro Paese, la lettura attenta, specialmente di quest’ultimo dispositivo, avrebbe determinato la cessazione immediata di qualsiasi altra velleità “espansiva” della società aeroportuale. E la tacita pacificazione del conflitto che vede da anni contrapposti Comune di Firenze e Regione Toscana da una parte e tutti gli amministratori della Piana dall’altra. Ma è triste doverlo ammettere: non siamo in un Paese normale. E quindi, nell’autunno 2022, Toscana Aeroporti ha presentato la sua Revisione Progettuale (Masterplan 2035) per il nuovo scalo, con due mere ed esigue modifiche. L’accorciamento della pista da 2.400 m a 2.200 m e la sua inclinazione leggermente più convergente sul sedime della A11 (da orientamento 12-30 a 11-29: stiamo parlando di una mirabolante rotazione di 4 gradi!). Non è questa la sede per passare di nuovo in rassegna le 142 buone ragioni (una per ciascuna prescrizione della VIA nazionale sul Masterplan 2014/2029) per cui ci opponiamo anche a questo progetto, come ci opponemmo al precedente. Perché, in buona sostanza, va ricordato che i due masterplan sono concettualmente identici. Con l’aggravante che questa revisione comporta lo “spostamento” del Lago di Peretola nel Piano Manetti di Signa, determinando la necessità (in un perverso effetto domino) di un tracciato del nuovo ponte sull’Arno, che distruggerebbe irrimediabilmente il Parco fluviale di Lastra. Vogliamo invece porci qui solo tre semplici domande, di natura politica. Come possiamo tollerare la realizzazione di un nuovo aeroporto intercontinentale – in uno scenario apparentemente e unanimemente condiviso di decarbonizzazione dell’economia – quando abbiamo a poco più di mezzora di ferrovia il Galilei di Pisa e il Marconi di Bologna e quando il centro antico di Firenze sta già soffocando di overtourism? E ancora: come non comprendere che l’area più inquinata della nostra regione avrebbe, oggi, un immane bisogno di esser piuttosto bonificata, risarcita e quindi riqualificata? E infine: come non cogliere nell’opportunità storica dell’istituzione di un vero e proprio Parco Agricolo della Piana, con una propria governance formalizzata e riconosciuta, l’ultima grande occasione di riscatto che ha questo territorio e, insieme ad esso, il milione abbondante di abitanti che lo vive ogni giorno?

 

 

«Coloro che indugiano sulle bellezze e i misteri della Terra
non sono mai soli o stanchi della vita»
Rachel L. CARSON
CONTESTO POLITICO REGIONALE
B.3 I nostri “cantieri” per la Transizione Ecologica

 

La nostra proposta programmatica non vive però di sole vertenze, si nutre invece di sogni, di visioni alternative, di progetti, di “cantieri”, materiali e immateriali. E in ossequio a un’antica abitudine tassonomica, non possiamo che partire dal settore primario. In Toscana, grazie al polo nazionale per l’Agroecologia di Rispescia, promosso dal nostro Circolo Festambiente, sta nascendo il più grande Bio-Distretto della regione e uno dei più significativi del Paese. La Maremma, da territorio marginale e povero che era, si candida oggi a diventare modello nazionale per le sue produzioni biologiche e biodinamiche. Un intero distretto rurale trainato dalle sue eccellenze enogastronomiche e dalle sue tante DOP. Prodotti che raccontano meglio di qualsiasi altra cosa il paesaggio toscano, luogo di vita che diventa spartito per un lavoro sapiente, lungimirante e rispettoso della natura. Agricoltori, ricercatori, imprenditori che, assieme, si fanno orgogliosi ambasciatori del proprio territorio nel mondo.

Altro cantiere importante per noi è quello del parco eolico di Monte Giogo di Villore, in Mugello. Un progetto che prevede 30 MW di potenza installata, osteggiato da comitati e associazioni locali e poi stoppato dalla Soprintendenza fiorentina per l’importante impatto arrecato al bosco dalle piste di accesso ai siti dei 7 aerogeneratori. La cogenza dell’autorizzazione regionale è stata, poi, definitivamente sbloccata dal Presidente Draghi, nel settembre 2022. Come associazione, abbiamo partecipato all’Inchiesta Pubblica, svolta tra maggio e agosto 2020, all’interno della procedura di VIA. Siamo entrati allora nel merito del progetto, abbiamo prodotto osservazioni, a nostro avviso migliorative della proposta iniziale, abbiamo seguito attentamente tutte le sessioni dell’inchiesta, ascoltando tutti i pareri e tutte le contro/argomentazioni. Dopo questa importante esperienza partecipativa, ci siamo convinti di una cosa. Nessuno ha il coraggio di dichiarare apertamente che non gli interessa contrastare la crisi climatica. Lo schema concettuale seguito da alcuni attori locali è il seguente: “Vero, occorre combattere il cambiamento climatico; vero, occorre decarbonizzare la nostra economia; vero, occorre promuovere le fonti rinnovabili; ma non qui, non in questo modo, e, soprattutto, non con questo progetto!” A parte la vistosa analogia con la Sindrome Nimby, ci sorgono spontanei altri interrogativi. Quale sarebbe il giardino perfetto in cui poter declinare i progetti della transizione energetica nella nostra regione? E ancora: se è vero che non esiste l’impatto zero, possiamo almeno accettare l’idea di sostenere dei costi ambientali, se superati da benefici tanto maggiori?

Un’altra scommessa cruciale è quella di superare i veti e l'aprioristica intangibilità dei centri storici per quanto riguarda l'installazione degli impianti fotovoltaici. A Firenze, a partire dalla realizzazione dello Sportello Energia, a cura del nostro Circolo, è in corso una serrata interlocuzione con l’Amministrazione Comunale, che ha già portato all'eliminazione di alcuni vincoli nelle aree immediatamente esterne alla zona UNESCO. Ciò ha determinato poi la modifica del Regolamento Edilizio vigente e una prima, consistente semplificazione nelle prescrizioni della variante al RUC. Oggi, la sfida di Legambiente Firenze si sposta sul tentativo di migliorare e integrare il nuovo Piano Operativo Comunale, una partita aperta e per certi versi ancora tutta da giocare.

Altro settore fondamentale per noi è quello dell’economia circolare. E in questo ambito, uno dei progetti bandiera ci sembra quello di Nuove Acque, ad Arezzo. Si tratta, in buona sostanza, di un digestore anaerobico che essicca i fanghi di depurazione del servizio idrico integrato della provincia di Arezzo. Qui il gestore, grazie a una bella progettualità condotta in collaborazione con l’Autorità Idrica Toscana, è riuscito a intercettare una cospicua quota di fondi PNRR dalla linea di finanziamento rivolta all’innovazione tecnologica trasferita ai Servizi Pubblici Locali. Questo impianto, molto performante sul piano dimensionale, otterrà un duplice obiettivo, da un lato migliorando la qualità della depurazione idrica, dall’altro agendo sulla leva della riduzione dei rifiuti e creando i presupposti per un riciclo virtuoso della materia.

Come molto interessante e innovativo è il progetto, con capofila il Comune di Capannori, proposto da RetiAmbiente e Ascit, che prevede la realizzazione con fondi PNRR di un impianto in grado di separare la plastica dalla cellulosa e dal SAP (prodotto assorbente), evitando la necessità di smaltimento in discarica per il 95% del rifiuto, composto prevalentemente da pannolini e pannoloni. L'impianto avrà una capacità di trattamento pari a 10.000 tonnellate/anno e sarà realizzato con una tecnologia in grado di trattare questi materiali con un processo rigoroso di lavaggio, selezione e separazione all'interno di un capannone recentemente recuperato (e quindi a consumo di suolo zero). I prodotti in uscita dallo stabilimento (divenuti materie prime seconde), troveranno poi sbocco direttamente in situ, nel Distretto Cartario di Lucca.

Infine, last but not least, ci piace citare un progetto nato per iniziativa di Unicoop Firenze, tra il 2021 e il 2022, in quel di Montopoli in Val d’Arno, in località Varramista. Si tratta del primo bosco bio/sostenibile della Toscana, realizzato totalmente in sostituzione di un’area industriale altamente inquinata. Al progetto di de-sealing (decementificazione) hanno partecipato, tra gli altri, il PNAT del Prof. Mancuso (per la parte botanica e forestale) e l’Ufficio Scientifico di Legambiente per la supervisione sulle attività di bonifica dell’area. Stiamo parlando di una superficie di 6,5 ettari che fino a pochi anni fa era per l’80% cementificata e/o asfaltata. Una enorme porcilaia, attiva fino agli anni Ottanta e poi caduta gradualmente in disuso. Rilevata la proprietà del fondo, la cooperativa inizialmente aveva ipotizzato la costruzione di un altro punto vendita, poi, invece, ha maturato questa bellissima svolta. Un bosco didattico, da realizzarsi dopo la bonifica. Stiamo parlando di 17.500 tonnellate di materia rimossa, tra calcestruzzo, asfalto, detriti misti e amianto. Tutte tipologie di rifiuto portate opportunamente a riciclo o, come nel caso dell’eternit, a smaltimento controllato. Oltre 3.000 alberi messi a dimora, tra il novembre del 2021 e il marzo del 2022. Secondo le stime dell’Università di Firenze, in 10 anni queste piante potranno assorbire oltre 170 tonnellate di CO2 e una mole consistente di altri inquinanti (polveri fini, ossidi di azoto, etc.), mentre, dopo 20 anni, il “risparmio” di CO2 sarà di oltre 600 tonnellate, per passare addirittura a 1.400 dopo 30 anni. Questa operazione, oltre a farsi esperienza didattica permanente per le scuole toscane di ogni ordine e grado, traguarda degli obiettivi ecologici di enorme importanza scientifica, quali: 1. favorire una conservazione attiva della biodiversità, ripristinando habitat ideali per molte specie e, in particolare, per gli insetti impollinatori; 2. rendere di nuovo permeabile il suolo, restituendolo alla sua naturale resilienza rispetto al deflusso delle acque; 3. mitigare decisamente le temperature a terra, prevenendo il fenomeno (sempre più grave) delle isole di calore; 4. ricostruire un tipico paesaggio planiziale toscano.

Raccontare con entusiasmo queste esperienze, significa per noi nutrire il sogno di una Toscana in cantiere. Quella che avevamo già “ipotizzato” nelle precedenti due tornate congressuali coi Distretti di Economia Civile, e che si è andata consolidando in questi anni a Campi Bisenzio, a Capannori, a Empoli, a Grosseto.

 

 

«Non alzare la voce. Migliora le tue argomentazioni …»
Desmond TUTU

 

LEGAMBIENTE TOSCANA, PRESENTE, FUTURA
C.1 La visione, le alleanze, le prospettive

 

Il prerequisito che intendiamo evocare qui come condizione ideale per intessere buone relazioni, stringere alleanze feconde e tratteggiare visioni prospettiche condivise con gli altri, è quello di una società fondata sulla conoscenza. Una società che si riconosca nel valore, centrale e universale, del sapere, come fondamento inesauribile dei nostri processi di vita, della ricerca, dell’innovazione applicata a qualsiasi disciplina e/o settore economico.

Per questo, per noi, è così importante rafforzare i legami col mondo della scuola. Per questo, per noi è così importante allargare e consolidare la compagine, già nutrita, di educatrici, educatori e insegnanti iscritti al nostro Registro Professionale di Legambiente Scuola & Formazione. Purtroppo, anche in questo campo, lo tsunami della pandemia ha indebolito molti contesti e molte collaborazioni territoriali. Perciò, ci sembra ancora più cruciale promuovere Patti educativi di comunità tra scuole, enti locali, istituzioni (pubbliche e private) e realtà del terzo settore come la nostra. Tramite la messa a disposizione di strutture e spazi alternativi per lo svolgimento delle attività scolastiche e la realizzazione di attività integrative e/o complementari rispetto alla didattica ministeriale, i patti servono infatti a promuovere fortemente l'educazione in quei contesti territoriali, più fragili, che si sono progressivamente chiusi in approcci autoreferenziali, rinunciando – a scapito delle nuove generazioni – a quel dinamismo necessario a fronteggiare la crisi sistemica in atto.

Allargando lo sguardo, dobbiamo consolidare le relazioni più forti che abbiamo costruito in questi anni, con Libera, con Arci, con CGIL, realtà con cui da sempre condividiamo battaglie per la legalità, per i diritti civili, per l’accoglienza, per il lavoro. Parimenti, dobbiamo confermare il nostro impegno all’interno delle grandi reti di secondo livello, come Arci Servizio Civile, Forum del Terzo Settore e Cesvot, che rappresentano importanti spazi di crescita e d’interlocuzione, oltre a un supporto nei delicati passaggi che la Riforma sta chiedendo a tutti gli ETS. Dobbiamo, ancora, insistere nell’esplorare relazioni nuove, come abbiamo fatto nel campo socio/sanitario, con Avis e Anpas. Dobbiamo, in altre parole, non smettere mai di essere laici, curiosi e spiazzanti, soprattutto nei rapporti in apparenza meno scontati. Questa è e deve continuare a essere la cifra del nostro atteggiamento verso “gli altri”. E questa postura deve valere, a maggior ragione, quando ci muoviamo nella frastagliata galassia ecologista. Non solo rafforzando i già solidi legami con WWF, Greenpeace e FAI, ma andando a esplorare nuove frontiere, coi Fridays For Future, con Extinction Rebellion e, soprattutto, con gli attivisti di Ultima Generazione. Sui quali, come nelle migliori tradizioni legambientine, abbiamo anche aperto un dibattito franco e tutt’altro che unanime. Abbiamo discusso, in particolare, delle modalità adottate da questo nuovo movimento. Attaccare, sia pure in modo reversibile e innocuo, grandi opere d’arte, imbrattare clamorosamente monumenti, edifici storici e/o sedi delle istituzioni fa indubbiamente notizia. Anzi, fa notizia a livello mondiale! E tuttavia la domanda è: questo tipo di azioni ci attira o ci aliena altri potenziali simpatie rispetto alla causa comune contro l’emergenza climatica? Aggiunge o detrae valore alla causa? Va detto, per dovere di cronaca, che la reazione sproporzionata di chi ha proposto subito un disegno di legge liberticida – criminalizzando il Movimento – ha messo tutti d’accordo. La repressione proposta dalle destre, infatti, non è certo la soluzione da noi auspicata.

Ultimo fronte è quello della nostra relazione con le imprese e il mondo del lavoro. Ancora una volta, come abbiamo già detto per i progetti della Transizione Ecologica, non dobbiamo aver paura. Aver inaugurato la stagione dei Forum (Economia Circolare, Acqua, Energia, presto anche Mobilità sostenibile) e aver rafforzato le attività di volontariato aziendale, ci ha fatto conoscere meglio il mondo profit. Ebbene, accanto ad aziende tradizionali, ancora in enorme ritardo sul sentiero della conversione ecologica e dell’innovazione (sia nelle produzioni che coi propri lavoratori), abbiamo scoperto imprese, spesso medio-piccole, che hanno maturato invece esperienze e visioni oggettivamente più avanzate di quelle che riscontriamo negli stessi decisori politici. Ecco: sarà sempre più spesso con queste realtà che ci dovremo alleare, sui territori, se vogliamo davvero vincere la sfida della transizione ecologica, per decarbonizzare la nostra economia. Quando raccontiamo un’esperienza aziendale in un Forum non facciamo mai mera pubblicità a qualcuno; attraverso quella narrazione ipotizziamo, invece, una visione radicalmente diversa della società: più giusta, più equa, più sostenibile, da tutti i punti di vista.

Per questo, non possiamo esimerci qui dallo stigmatizzare comportamenti aberranti come quello del fondo finanziario Melrose, che nell’estate 2021 ha licenziato i 422 lavoratori della GKN (l’azienda metalmeccanica produttrice di semiassi per auto, con sede a Campi Bisenzio) con una fredda e semplice email. Oggi, dopo la deludente parentesi dell’imprenditore Borgomeo, il Collettivo Ex-GKN sta pensando alla totale ri-conversione ecologica della catena di montaggio, immaginando la produzione di pannelli fotovoltaici di ultima generazione e di biciclette/cargo elettriche. Legambiente Toscana ha manifestato solidarietà e vicinanza ai lavoratori e si è spesa, attivamente, nella promozione del crowdfunding che il Collettivo ha lanciato per autofinanziare il proprio Piano Industriale. Ora, però, anche le Istituzioni debbono fare la loro parte. Presto, perché il tempo stringe davvero.

 

 

«Fate come gli alberi: cambiate le foglie e conservate le radici.
Quindi, fate evolvere pure le vostre idee,
ma conservate i vostri principi»
Victor HUGO

 

LEGAMBIENTE TOSCANA, PRESENTE, FUTURA
C.2 Allargamento della rete, una sfida che attraversa le generazioni

 

Quando ci troviamo in plenaria nella Conferenza dei Comitati Regionali, uno dei temi più spinosi e impegnativi è sempre quello dell’allargamento della rete associativa. La Direzione Nazionale, molto opportunamente, ci fa conoscere prima i dati del nostro tesseramento e del nostro radicamento per Circoli. Numeri assoluti, statistiche relative ai vari territori, trend nel breve e lungo periodo. È il nostro abito mentale, lo ribadiamo. Prima l’acquisizione dei dati, poi la loro analisi, indi la diagnosi sullo stato dell’arte. Solo da ultimo, la proposta di possibili soluzioni per aggredire le criticità emerse e preservare le eccellenze. Ecco, da qualche anno, ci siamo dati come priorità, due obiettivi da raggiungere. Il primo: abbassare l’età media del nostro corpo sociale; l’altro contenere al massimo il fenomeno del turn-over nel tesseramento, ossia fidelizzare per davvero i nostri soci. Con questi due obiettivi di fondo, naturalmente, intendiamo raggiungere lo scopo, di lungo periodo, di allargare – sia in termini quantitativi che qualitativi – la nostra rete associativa. Al contempo, è necessario consolidare la rete esistente, i Circoli, che rappresentano le fondamenta stesse della nostra casa comune.

In Toscana, il turn-over raggiunge da qualche anno l’importante quota del 40%. Se anche solo “trattenessimo” una parte di questa base flottante del nostro corpo sociale, avremmo incrementi significativi nel nostro tesseramento. Ci riusciamo, a nostro avviso, solo se iniziamo a cogliere le enormi potenzialità che ci vengono offerte dal tesseramento online. In altri termini, dobbiamo trasformare il gesto di affiliarsi in un’azione sempre più agile, veloce ed empatica. Da questo punto di vista, non sempre si è rimarcata a sufficienza (e quindi capita) l’importanza politica del ruolo del responsabile del tesseramento nei Circoli. Dobbiamo invece far comprendere alla nostra rete territoriale che quel ruolo non può essere svolto con sufficienza, come se fosse l’ultima delle nostre incombenze burocratiche.

Il tema dell’inclusione giovanile, già al centro delle tante esperienze di Servizio Civile promosse da Legambiente in tutto il territorio, ci ha visto dispiegare negli ultimi anni prima la progettualità di Volontari per Natura e poi ben due edizioni di Youth 4 Planet. Non è ancora tempo di bilanci definitivi, ma è tempo, a nostro avviso, di veder confluire tutta questa energia, tutta questa vitalità, tutta questa freschezza, nell’alveo principale dell’associazione. Legambiente è stata forse una delle poche associazioni che ha lavorato seriamente sul reclutamento di nuovi, giovani volontari. E lo dobbiamo rivendicare con orgoglio. Lo abbiamo fatto mettendoci profondamente in discussione, in una dimensione anche autocritica. Come spesso ci accade, nel compito ci siamo applicati con dedizione, con determinazione, con costanza. Come sappiamo fare noi della Legambiente. Ecco: è arrivato oggi il momento di mescolare le carte, rifuggendo con cura dalla tentazione di confinarsi nella comfort zone dei compartimenti stagni, per non dire dei ghetti. La nostra associazione ha sempre puntato in modo intelligente e vivace sull’osmosi e sullo scambio reciproco di esperienze tra generazioni. Scommettere su questa trasversalità, su questa biodiversità interna della comunità legambientina è quanto di più intelligente possiamo suggerire ai giovani dirigenti dell’associazione.

Legambiente Toscana ha radici antiche, ma sta già camminando grazie a gambe, braccia, cuori, pieni di energia e passione giovanili. E non è solo un dato anagrafico. Legambiente Toscana “declinata” al futuro inizia da qui.

Buon lavoro a tutti noi!