La collisione tra la nave tunisina Roro Ulysse e la portacontainer cipriota CLS Virginia avvenuta domenica mattina nell’area del santuario dei cetacei, santuario internazionale dei mammiferi marini Pelagos, dimostra per l’ennesima volta l’estrema vulnerabilità di questo prezioso triangolo di mare tra il nord della Sardegna, la Corsica, la Toscana e la Liguria, ricco di biodiversità marina.

La collisione è avvenuta a 28 km da Capo Corso e ha provocato uno sversamento in mare di 600 metri cubi di olio carburante enormemente tossico per l’ambiente marino, che ha generato in mare una chiazza estesa per circa 10 km quadrati che si è estesa per una lunghezza di circa 20 Km. Il fatto che l’incidente sia avvenuto in buone condizioni meteomarine dimostra che il santuario è quotidianamente esposto a rischi troppo alti e che evidentemente i controlli non sono sufficienti a metterlo in sicurezza. Sul luogo della collisione stanno intervenendo in queste ore mezzi anti-inquinamento francesi e italiani. Com’è noto, le operazioni di disincagliamento possono essere causa di un ulteriore rischio di sversamento, inoltre occorre gestire al meglio questo delicato intervento per cercare di contenere il rischio incendi vista l’alta infiammabilità del carburante. Per tale ragione, è fondamentale che le azioni volte al contenimento avvengano in maniera rapida, al fine di limitare i danni sia nei confronti della fauna e della flora presenti nell’area che dei mammiferi marini e della tartaruga Caretta caretta che ha iniziato negli ultimi anni a nidificare lungo la costa toscana, all’Isola d’Elba e in Sardegna e per evitare che il carburante raggiunga la costa.

Piogge e venti forti stanno ostacolando le operazioni di pulizia della chiazza d’idrocarburi che galleggia sul mare e si sposta di ora in ora. Il rischio maggiore, proprio per l’alta densità del combustibile sversato, è che possa in parte finire sotto la superficie dell’acqua, rendendo più difficile il recupero e mettendo in pericolo un numero maggiore di animali. “L’aumento del moto ondoso – afferma l’Ispra – non permetterà un agevole recupero del combustibile che ingloberà goccioline di acqua (fino all’80% del volume totale) favorendone altresì lo spostamento sotto la superficie del mare, non vista dai sistemi di rilevamento in atto, e apparire solo quando in prossimità della costa”.

Se si è per fortuna evitata quella che poteva essere una tragedia con molte vittime, i danni ambientali rimarranno per molto tempo e nessuno sa davvero quali effetti avranno in un’area vitale per i cetacei, sia per le loro rotte migratorie che per il fenomeno della risalita delle acque fredde che fertilizzano il mare dando il via alla catena alimentare che li attira fino alle coste liguri.

Ci preoccupano anche le dichiarazioni del ministro dell’Environnement et de la Transition écologique della Francia, François de Rugy, secondo il quale la collisione tra la nave ro-ro tunisina e la portacontainer cipriota deriva da «Un comportamento della nave ro–ro totalmente anormale» e che ha aggiunto che «Non c’era nessuno sveglio al timone della nave ro-ro. Altrimenti la collisione si sarebbe potuta evitare». E’ chiaro che in questo come in altri incidenti marittimi ha svolto un ruolo anche la scarsa preparazione professionale lo sfruttamento degli equipaggi di navi come quella tunisina.

Il Santuario dei Cetacei rischia di restare un’istituzione importante e strategica solo sulla carta. Di fatto, infatti, è sempre più teatro di incidenti a causa dell’intenso traffico navale, a partire dal naufragio della Costa Concordia all’Isola del Giglio e poi la caduta nel mare in tempesta al largo di Gorgona di decine di bidoni contenenti sostanze tossiche (molti dei quali mai recuperati), fino a naufragi sfiorati e collisioni, mentre nell’Arcipelago Toscano le navi cariche di sostanze pericolose continuano a passare vicinissime a Pianosa e ad altre isole protette”.

L’auspicio di Legambiente, dunque, è che i controlli aumentino in maniera sensibile in modo tale da garantire la necessaria sicurezza del sito. Nel tratto di mare in cui è avvenuta la collisione transitano circa un centinaio di navi al giorno che non solo disturbano balenotteri, capodogli, stenelle e delfini, ma costituiscono un pericolo per la biodiversità marina. Occorre, pertanto, attivare un sistema di protezione dell’area, facendo in modo che quello accaduto domenica non sia l’ennesimo incidente destinato a cadere nell’oblio. Non è pensabile che in una delle aree teoricamente più controllate del Mediterraneo, soggetta ad un trattato internazionale in cui la navigazione dovrebbe essere estremamente sicura e sita in prossimità dell’area protetta francese e del Parco nazionale dell’Arcipelago toscano, possa accadere un incidente di tale portata che avrà ripercussioni molto gravi a prescindere dal tempestivo intervento che ci auguriamo venga messo in atto.

 

Fausto Ferruzza, Presidente Legambiente Toscana

Umberto Mazzantini, responsabile mare di Legambiente Toscana e Isole minori di Legambiente

Angelo Gentili, segreteria nazionale di Legambiente

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